L’incubo della Moneta di Merda

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Tutto iniziò con le prime elezioni europee del 1979, con cui la prospettiva di una futura moneta unica diventa concreta: l’Italia, ferita da crisi e terrorismo, prova a sfruttare l’opportunità di aumentare la spesa pubblica utilizzando un debito, in gran parte finanziato dai risparmi degli italiani.

L’idea geniale: noi ora facciamo debito, poi con la moneta unica ce lo pagheranno i tedeschi.

Tutta la massa del debito, uguale all’intero PIL, è costruita nel solo decennio ‘80: dall’Irpinia a Italia ‘90, una montagna di sprechi.

Ma cade il muro di Berlino: l’Italia perde importanza geopolitica, mentre la Germania, senza più vincoli e preoccupata dai costi dell’unificazione, farebbe volentieri a meno della moneta unica e sicuramente non vuole pagare i debiti dei soliti italiani furbastri.

Gli interessi sul debito veleggiano sul 14% e il fallimento dello Stato Italiano è a pochi mesi di distanza.

Chi ora, a 20 anni di distanza, lamenta l’assenza di un referendum sull’ingresso nell’Euro, è come se chiedesse il consenso per aver trasportato un traumatizzato in coma dalla strada all’unità di rianimazione.

La classe politica che ha fatto il disastro viene spazzata via da Mani Pulite, e così si cerca di rassicurare sul cambiamento etico del nostro paese.

Con lacrime e sangue riusciamo a sostenere il debito finché entriamo in un circolo virtuoso per cui la migliorata affidabilità ci avvicina alla moneta unica e questo abbatte gli interessi.

Con l’ingresso nell’Euro nel 1999 riusciamo a PAGARE 40 MILIARDI DI EURO IN MENO DI INTERESSI ALL’ANNO.

Con questo tesoro, di cui ora nessuno tiene memoria, avremmo potuto abbattere il debito e diminuire le tasse, risolvendo definitivamente i nostri problemi.

Vengono tolte nel ‘98 le tasse sulle patenti, i passaporti e gli ascensori (!) e non vediamo più manovre per un po’ di anni, ma la politica non si è lasciata perdere l’occasione di sfruttarlo in spesa: tra grandi opere, grandi stipendi e follie varie è aumentata in questi 15 anni del 50%!

Ora la stessa politica che si è arricchita su questa spesa (si sospetta che per ogni appalto vinto arrivi al politico responsabile una panettone a Natale), cerca di usare l’Euro come capro espiatorio per le proprie colpe e per una crisi che ha colpito indipendentemente dalla valuta (vedasi gli USA) per le mutate condizioni economiche mondiali, quali la globalizzazione (inevitabile), l’automazione e l’aumento del costo del petrolio.

Proprio ora che la speculazione, sconfitta da un certo Mario Draghi a capo della tanto odiata BCE, cerca di attaccare i paesi extra Euro, anche se virtuosissimi come Norvegia e Danimarca, da noi qualche folle arruffapopolo arriva persino a proporre un referendum di uscita dall’Euro con reintroduzione della Lira.

Quello che si propaganda è in realtà un impossibile viaggio indietro nel tempo: anche se facessimo la follia di reintrodurre la lira col tasso di cambio inverso… sono passati 13 anni! i prezzi hanno avuto una evoluzione e un nuovo trapasso porterebbe solo ad un arrotondamento con un nuovo salto in su.

Mi chiedo però il motivo per cui alcuni lamentano a così lunga distanza i prezzi del 2002?

A quella data non rimpiangevano i prezzi del 1990, altri 12 anni prima, e aumentati molto di più, per non parlare degli aumenti astronomici di una altro dodecennio prima fino al 1978. Domanda retorica a cui è facile rispondere: grazie alla stabilità dell’Euro ci ricordiamo del salto avvenuto con la transizione; nel trentennio precedente gli aumenti erano anche mensili, quindi umanamente impossibili da tenere a mente.

Chiarito che il cambio alla Nuova Lira non avrebbe motivo di essere diverso dal 1:1, è evidente che al momento della conversione la nuova valuta subirebbe una svalutazione secca, ipotizzata del 30%, poi, per altri gravi motivi, la svalutazione potrebbe continuare in modi imprevedibili, fino ai 1000% di memoria germanica post Prima Guerra.

Appena gli italiani si accorgessero che ad una certa data i loro risparmi verrebbero mutati in una MdM (moneta di merda), li ritirerebbero dai conti, e non verserebbero quelli che guadagnano, perché un Euro in contante continuerebbe a mantenere il suo valore.

E’ evidente che le banche dovrebbero costruire dei robusti muri in cemento al posto delle porte (vedi Argentina).

Ed anche con una Nuova Lira dovremmo convivere con una doppia economia, in cui i beni di lusso verrebbero prezzati in Euro – come in tutti i paesi del terzo mondo, ovviamente!

Parlavo prima di altri gravi motivi, che è essenzialmente uno: il debito pubblico.

Oggi noi siamo tecnicamente falliti, con un debito oltre il 130% del PIL.

Eppure, grazie all’Euro, riusciamo a pagare interessi molto bassi, da paese virtuoso, appena un po’ di più di quel che paga la Germania (è il famoso spread).

Naturalmente col solo avvicinarsi dell’ipotesi di una uscita, i tassi aumenterebbero vertiginosamente – è quello che è successo tra il 2011-12, in cui IMU e vari altri salassi sono stati spesi in interessi, per assicurare gli investitori dall’ipotesi di perdita.

Prima ancora di aver stampato le nuove lire lo Stato dovrebbe dichiarare bancarotta, ovvero i titoli di stato non sarebbero rimborsati, acquisendo un valore di poco superiore allo zero.

A questo punto è meglio arrivare allo stato finale come previsto dal report di una grande banca svizzera: il PIL crollerebbe in un anno del 50%!

Meno Cinquanta – noi oggi soffriamo per zero o meno uno!

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